venerdì 29 novembre 2013

Il mondo che desideriamo: un mondo possibile







Peintures de Beatriz Aurora

 


Non occorrono i Maya né altre profezie per riconoscere che un cambiamento è in atto nel nostro mondo: se il pianeta che ci ospita è già egli stesso testimone di mutazioni inquietanti, tutta la vita nel suo grembo sembra non meno riflettere questa straordinaria trasformazione. Dall’economia alla politica - che vede, insieme alla caduta delle grandi dittature, l’esplodere nei vari ambiti di tanti “bubboni” di corruzione che l’organismo ospitante non riesce più a tollerare - dalla crisi energetica a quella più interiore dei valori: cosa possiamo leggere, trasversalmente o fra le righe, di questo tempo così speciale e così tormentato? 


Qualunque cosmòs, o nuovo ordine delle cose, deve esser preceduto da un càos. C’è una legge di necessità che regola ogni mutamento, ogni trasformazione. Se una parte deve nascere, una deve morire, proprio come la natura ci dimostra ritirando se stessa nel buio e nella profondità per rinascere a primavera. Tuttavia, il “lasciar morire ciò che deve morire” è, da sempre, una delle prove più dure. Lo è perché non contempliamo ancora con sufficiente chiarezza la legge che sta sotto, che è legge di vita e non di morte…


Ci troviamo dunque a camminare in un tempo di frontiera, stretto sentiero su di un crinale sgretolato, tra polverosi ciottoli che rotolano a valle ad ogni passo che muoviamo. Un movimento falso ci potrebbe costare molto! Eppure, da qui, il panorama è bellissimo… è particolare perché, proprio come quando ti trovi al centro di un ponte che collega sponde lontane, hai la possibilità di percepirle entrambe, oltre che di scegliere se continuare o retrocedere. 

Scegliamo di andare avanti, ovvio, ma consapevoli che questa scelta richiede un sacrificio e una rinuncia poiché, al nuovo che sta sorgendo e che respiriamo ovunque nell’aria, il passo ancora non è stato ceduto dal vecchio il quale, dal canto suo e con giusta causa, conduce irriducibile la sua battaglia per salvaguardare, illusoriamente, se stesso…  


Il nuovo mondo, che tutti diciamo di volere, può nascere da una serie di piccoli passi, piccole e grandi conquiste di una consapevolezza che si apre agli orizzonti nuovi che il cammino offre, ma anche all’aria rarefatta che rende talora difficoltoso l’incedere. Possiamo allargare i polmoni, e con essi la speranza ma, rovesciare le credenze, resta una scelta che investe solo la nostra volontà e la nostra responsabilità. È una nostra libertà.


Ed è proprio una specie di “rovesciamento” quello che dobbiamo compiere, se desideriamo procedere… Cosa fa il bambino quando, nel ventre materno, si prepara a nascere? Si capovolge… In realtà, ogni nascita lo richiede; e quella biologica non è che il simbolo più immediato. Ogni volta che nasciamo a nuova coscienza e a nuovi orizzonti, dobbiamo capovolgerci, accettare di “farci piccoli” poiché solo così potremo “passare”. Nelle palestre di arti marziali si insegna questo, quando si studiano le cadute, UKEMI: ti fai piccolo, palla, rotoli su te stesso poi risorgi con nuova forza. Se invece ti irrigidisci, ti spezzi! 


Anche Giovanni Battista, quando battezzava al Giordano diceva, spingendo sott’acqua la testa dell’adepto: METANOEI! capovolgiti! e gliela tratteneva sotto, sino quasi ad indurlo ad uno stato di premorte. Il “capovolgimento” è un vero e proprio addestramento dell’anima… Ed è molto importante vivere questa esperienza, che è l’esperienza della METANOIA, cioè della trasformazione. Capovolgere se stessi significa “rinunciare a qualcosa” e questo “qualcosa” è in definitiva l’Ego, con l’illusione delle sue conquiste… 


I tempi ce lo chiedono. Ce lo chiedono insistentemente poiché il “paradosso” è ovunque, ci accompagna nell’incedere. Se, fino ad ora, abbiamo camminato distinguendo, separando con l’aiuto della ragione e della funzione analitica, discriminante (giustamente discriminante per poter scegliere), ora questo, non che sia sbagliato, ma non basta più… E’ sbagliato irrigidirsi o identificarsi in un’unica modalità. Ora occorre allenare il pensiero ed il sentimento a camminare su direzioni convergenti… Occorre accettare la doppia polarità delle cose, allenarsi a riconoscerla e, poi, LEGITTIMARLA. Se “legittimo” persino il mio contrario, non facendogli più la guerra, inauguro al posto di questa la “collaborazione”, che è - infine -  “matrimonio fra gli opposti”, il matrimonio sacro degli antichi, la condizione indispensabile per aprirci alla FERTILITA’.


Nella Medicina dei Significati, la LEGITTIMAZIONE (da non confondere con la “giustificazione” che altrimenti annullerebbe tutto il processo trasformativo) è il passo fondamentale che permette la crescita. Non mi chiudo nelle mie convinzioni, ma mi apro all’altro, al nuovo, addirittura al “rovescio di me”, che ha le sue ragioni e cui devo dare riconoscimento anche se non lo approvo; il che non significa negarmi. Significa inaugurare l’etica del “non solo, ma anche” che sostituisce ogni aut/aut col più opportuno et/et… Siamo entrati nei “tempi della Madre”, colei che unisce, cuce, ciò che il Padre ha prima tagliato… Occorre riunire ciò che la ragione ha disgiunto, se vogliamo creare qualcosa di nuovo, un “abito” nuovo: il Nuovo Mondo da abitare.


Se l’Ego si fa da parte un momentino e mi permette di vedere l’“altra faccia” di quel che guardo, allora potrò scoprire tutto quel che vive sotto, nel buio. Mi alleno a “rovesciare il tessuto”, per vedere il lato nascosto delle cose. Solo così potrò penetrare nel mondo delle cause, laddove si genera il manifesto, dove mi è dato riconoscere (e legittimare…) i “nodi che tengono insieme l’arazzo” grazie ai quali posso, nella dimensione opposta, contemplare il disegno. Immaginiamo che implicazioni, nel campo della malattia!


Siamo talmente abituati ad esprimere una sola polarità, una sola direzione, che basta rovesciare un pensiero che già non lo riconosciamo più! Proprio come se ci toccasse ascoltare un brano musicale alla rovescia… Rischiamo di scambiare per coerenza ciò che è solo unilateralità. E spesso l’assoluta indisponibilità a cambiare la propria idea diviene persino un punto di forza, se non addirittura d’onore, impedendo così un qualsiasi ampliamento della coscienza.


Possiamo cambiare solo noi stessi. Così facendo, ci accorgeremo che il mondo intorno a noi cambia. L’unica lotta produttiva che possiamo veramente intraprendere, è solo quella contro la nostra inerzia, contro la nostra indisponibilità a cambiare, promuovendo ed allenando la nostra capacità di accogliere e integrare il non-ancora-conosciuto.


Superare l’ambivalenza, l’antinomia delle cose, legittimare il paradosso. Ecco uno dei compiti che l’Uomo Nuovo deve apprendere per costruire il suo Nuovo Mondo. Esso non nasce da solo, siamo noi a costruirlo… e lo stiamo facendo da sempre, ma come???


Le basi le abbiamo messe. Ora dobbiamo camminare. Parliamo di consapevolezza, di conoscenza di sé, delle emozioni che ci muovono, delle reazioni ad esse… Tutte conoscenze che cerchiamo di applicare nella vita, nel lavoro, per ottimizzare le nostre risorse e, alla fine, produrre meglio e di più… Ma ATTENZIONE! C’è pericolo che ci scappi qualcosa: la biologia e la fisiologia del nostro corpo, grandi maestre di vita, ce lo insegnano e anche se è un esempio un po’ duro, val la pena considerarlo: le “colonizzazioni” che le cellule cancerogene operano nei confronti dei più diversi tessuti del corpo, hanno scopi analoghi alla creazioni di filiali che il credo capitalistico ha inaugurato oramai da tempo. 

Esse tendono a ricavare il più possibile dai propri programmi, togliendo progressivamente spazio alle forze estranee. Basti pensare alla presenza della carta geografica mondiale nell’ufficio di un’impresa: al centro, una grossa croce ad indicare l’azienda madre che infiltra le zone più vicine con le sue filiali (curiosamente, le cosiddette “metastasi” che il cancro genera, sono dette anch’esse filiae). 

Pensiamo anche al nucleo di queste cellule, il loro “cervello” il quale, patologicamente, si ingrossa sempre più… Il cancro viene diagnosticato in base alla trasformazione morfologica del nucleo cellulare: incredibile metafora della sopravvalutazione dell’ego, di cui il nostro tempo è gravemente affetto.

Il progresso? …un viaggio senza meta! Un viaggio in cui troppo spesso manca la consapevolezza di un’unità più grande, in grado di abbracciare tutto. E man mano che l’lo incapsula se stesso nell’illusione dell’ego, l’uomo perde la “religio”, ovvero l’unione con l’“origine” della sua esistenza. 


Anche se sembra lontano, a volte addirittura utopico, il Nuovo Mondo è già: è nella realizzazione del nostro Desiderio, motore del nostro universo, il cui potere dobbiamo attivare dentro di noi. Sua parola d’ordine è UNIRE. Suo strumento, riconoscere il volto nascosto delle cose. Suo obiettivo, costruire un ponte affinché mente e cuore, intelletto e sentimento, finalmente ricongiunti, operino per la fertilità comune. Il mondo che desideriamo è un MONDO POSSIBILE.







Dal Significato della malattia, al Senso della vita.
Progetto per una Educazione all'Invisibile

 
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