giovedì 19 dicembre 2013

ESSERE IL DONO



Quante volte ci troviamo a fare a qualcuno gli “auguri”, mettendo il punto proprio dopo questa parola? Tanti auguri, punto... Al massimo con la precisazione di buon natale, capo d’anno, pasqua..
Mi è sempre parso un po’ pochino, un po’ formale, un modo per cavarsela velocemente... Per questo mi sono detta: e se ci sforzassimo di apporre un complemento oggetto al verbo che utilizzo in questo contesto? Ma ciò comporta che mi devo fare una domanda ben precisa: cosa desidero augurare a quella persona?  E se mi sposto appena un pochettino più in là dell’augurio generico - già approssimativamente riassunto nelle tante frasette preconfezionate - allora le cose si complicano poiché mi devo sforzare per cogliere possibilmente ciò che sento più giusto augurare... a lei, proprio a quella persona lì!
E qui non funzionano i dizionari delle frasette d’occasione, per nascite, matrimoni e ogni sorta di occorrenza di qualsivoglia natura. Sono costretto a rivolgere il mio sguardo all’altro, a volte anche sforzandomi per vederlo. In realtà, non devo affatto guardare fuori... devo guardare dentro, dentro di me per vedere lui, anche se questo può sembrare un paradosso... Devo guardare dentro di me, se voglio VEDERE l’altro, per rivolgermi a lui in modo tale che egli SENTA che il mio pensiero è sincero.
Ecco dunque che, il vero augurio, va oltre persino al “complemento oggetto” che mi sono sforzato di individuare... e in realtà va addirittura oltre le parole stesse.. Il vero augurio è: “mi sono posto a guardare a te”, vedere cosa ti preme, cosa fa pressione nella tua anima, cosa il tuo cuore coltiva nel suo profondo, oppure cosa sento che sarebbe buono che tu ricevessi, conquistassi, scoprissi, e via dicendo... In altre parole: ho sostituito TE a Me, come oggetto del mio sguardo..
Se ci pensiamo, non sono davvero tanti i momenti in cui il mio “Io” guarda l’altro... meno ancora quelli in cui effettivamente lo vede... Per lo più, il nostro Io - ma non facciamogliene una colpa - è intento a contemplare se stesso, anche quando si convince, o ci convince, di essere attento (ma non in-tento) a guardare l’altro. Solo il sentire profondo dell’anima può rivelarci quando questo accade. “Quando” questo accade nell’altro che mi sta di fronte e, soprattutto, “quando accade” in me.
Ecco, a mio sentire, il vero dono. Dono che si confeziona nell’ascolto, nell’“esserci per l’altro”, che è esserci senza fare alcuno. Del resto, quante volte il fare è frutto di un ego che si nutre della sua stessa illusione?
Ascolto è “esserci senza fare”, poiché è accogliere, contenere, non voler modificare nulla di quello che è, non manipolare, accogliere e basta. E’ nonterapia, a volte grande medicina. Vero ascolto è quello che sa fare silenzio di sé, perché è intento ad accogliere l’altro..
Non potrebbe essere allora che il vero augurio sia in definitiva il frutto di un sacrificio? Certo! è il sacrificio del sé... Anche solo un minuto della mia vita, questo è tuo: lo dono a te. MI dono a TE. Per un attimo... ma in quell’attimo c’è tutto: ci sei TU, non io...
E a Natale, se non sbaglio, è questo che si celebra. Già... fuori si festeggia, dentro si celebra!
Il DONO di un SACRIFICIO, quello di un dio che, sacrificando se stesso, si dona al mondo...
Entrare in contatto con la vera essenza del Natale, che è l’ESSENZA DEL DONO, comporta ancora una volta entrare in contatto con se stessi nel profondo. E’ nascita dentro, non fuori. Per questo si ritorna un po’ bambini, poiché si può festeggiare la nascita di una vita nuova... Abbiamo la possibilità di ritrovare in noi il bambino che siamo stati, riscoprirlo vivo, e soprattutto bisognoso di esser ri-conosciuto, riscoperto, ritrovato... Non è un caso che nel periodo più freddo dell'anno si cerca il calore e la coccola di un abbraccio, si ha bisogno di sentirsi protetti e amati, si mangiano cose buone, si gioca e si gioisce della vita, e tutto appare più bello e fantastico, proprio come quando eravamo bambini. Questo accade perché il Natale ci collega con l’archetipo dell’innocente, del Bambino Divino, che ognuno di noi ha dentro di sé, che ognuno di noi è stato. Il regalo che possiamo fare è dunque quello di scendere nel terreno più profondo dell’autenticità, fatto di ascolto silenzioso e di osservazione di ciò che in noi stessi (e quindi anche negli altri) muove il desiderio, per riscoprire i bisogni più veri. Per riscoprire che ogni giorno può esser Natale.
"Che il tuo bambino interiore ritrovi la gioia, la sicurezza e la fiducia nella vita! Che il tuo Innocente possa giocare, ridere e scherzare, che non gli manchi mai nulla di tutto quello di cui ha bisogno". Che il regalo migliore che possiamo ricevere o fare, sia davvero fonte di guarigione; che ci faccia stare bene, che ci rimetta in contatto con la parte vera e pura di noi stessi, che è quanto, ogni giorno, POSSIAMO far nascere e rinascere in noi.
Il vero Natale non ha bisogno di oggetti, ma di significato. La relazione è il vero dono, e non il possesso, che è solo illusione poiché noi non possediamo proprio nulla...
Ecco allora il mio augurio, che sulla scia dei pensieri si è creato: che ognuno possa FARSI DONO, per sé e per gli altri, e possa così riconoscere che L’ALTRO E’ UN DONO. E accoglierlo, così com'è.

Dal Significato della malattia, al Senso della vita.
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